Responsabilità per cedimento dopo fase di collaudo
Il certificato di collaudo ha carattere provvisorio ed assume carattere definitivo dopo due anni dalla sua emissione (art. 28, l. 11 febbraio 1994 n. 109). Decorso tale termine, il collaudo si intende tacitamente approvato ancorché l’atto formale di approvazione non sia intervenuto entro due mesi dalla scadenza del medesimo termine. Nel caso di specie l’amministrazione, stante il rifiuto dell’appaltatore di rispondere per la difformità di esecuzione che ha determinato il cedimento e provvedere al ripristino dell’opera, può agevolmente escutere la garanzia fidejussoria, peraltro capiente rispetto alle spese da sostenersi per il ripristino stesso, provvedendo quindi in esecuzione d’ufficio (A. Cianflone – G. Giovannini, L’appalto di opere pubbliche, Milano, 2003, 879 ss.) mediante il sistema economia, stante l’urgenza di provvedervi onde evitare ulteriori danni all’opera stessa (art. 88, co. 1, lett. a) del d.P.R. 21 dicembre 1999 n. 554). Trattandosi di responsabilità contrattuale, in capo all’appaltatore incombe l’onere di provare la propria mancanza di colpa (A. Cianflone – G. Giovannini, L’appalto di opere pubbliche, Milano, 2003, 1123 ss.); qualora dovesse dimostrare che la responsabilità del cedimento dell’opera non è, come invece affermato dal direttore dei lavori, da imputarsi ad una non corretta esecuzione degli stessi ma ad una carente progettazione, come già sostenuto dal medesimo, l’amministrazione si troverà costretta a risarcire tutti i danni subiti dall’appaltatore, salvo poi rivalersi nei confronti del progettista.